La "ricca" Aosta
Poco fa ho trovato un articolo su repubblica, datato marzo 2007, scritto da Curzio Maltese, che descrive con semplicità la vera situazione politica della valle d'aosta, ho deciso di riproporlo qui sotto anche perchè si collega in parte al referendum del 18 novembre....buona lettura
Ti avvii da solo per gli infiniti corridoi illuminati dal neon con una lieve angoscia e l'impressione che da un momento all'altro potrebbe spuntare Jack Nicholson con un'ascia in mano, come nell'Overlook Hotel di "Shining".
Ora, per comprare questo albergo fantasma la Regione Val d'Aosta, già proprietaria del Casinò, ha appena sborsato 58 milioni di euro ai fratelli Lefebvre, nipoti del celebre Ovidio Lefebvre dello scandalo Lockheed. Con tre o quattro in meno si può acquistare in giornata il Badrutt's Palace di Saint Moritz, il più rinomato hotel montano d'Europa. Senza contare che il Billia vanta un passivo record di 11 milioni e ce ne vorranno altri cento per ristrutturarlo. E' uno strano affare anche la gestione regionale del Casinò di Saint Vincent, ch'era il primo d'Europa negli anni Novanta ed ora è l'ultimo d'Italia e forse l'unico casinò in passivo del mondo.
Una volta venivano teste coronate, attori hollywoodiani e registi da Oscar, grandi industriali del boom, come il commendator Borghi dell'Ignis, che in una notte insonne s'inventò un nuovo modello di frigorifero sui tovaglioli del ristorante per rifarsi di una montagna di perdite al tavolo del "trente et quarante". Ora arrivano troppi clienti dall'accento siciliano o russo e c'è un gran viavai di magistrati antimafia da Palermo per indagare sul riciclaggio.
Benvenuti in Val d'Aosta, la terra del "Rouge et Noir", colori della bandiera nazionale e della fortuna, dove i conti non tornano mai. Ad Aosta non c'è bisogno di chiedere chi comanda in città o nella valle, basta guardarsi intorno. E' tutto della Regione Autonoma. Un posto di lavoro su tre dipende dalla Regione, direttamente o indirettamente, sono della Regione l'unica grande finanziaria, la Finaosta, da cui dipendono tutti gli aiuti a industrie, turismo, agricoltura, quindi la Compagnia delle Acque, che ha comprato le centrali dell'Enel ed esporta il settanta per cento di energia, e ancora il Casinò, le molte società partecipate, gli impianti di risalita. Grazie al reparto fiscale che restituisce nove decimi delle tasse ai valdostani, più la pioggia di sovvenzioni statali, la Regione dispone di 12 mila euro di risorse all'anno per ognuno dei 120 mila abitanti contro i 2 mila della Lombardia, ma anche i 9 mila della provincia autonoma di Bolzano.
"Privatizzare" è un verbo inesistente nella politica locale. "La Val d'Aosta è ormai con Cuba l'unico angolo di socialismo reale al mondo. Un socialismo reale senza socialismo ma soprattutto senza mercato" dice Bruno Milanesio, vecchia volpe craxiana ma testa fina della politica locale, autore di un divertente pamphlet sulla psicologia valligiana, "La repubblica delle fontine".
L'hotel Billia, recentemente
acquistato dalla Regione
Dopo secoli di fame, miseria, invasioni e pestilenze, ai montanari non è parso vero di potersi sedere al tavolo di un ufficio e attendere con fiducia il ventisette del mese. Se c'era da lavorare in miniera o in fonderia, alla "Cogne", arrivavano i veneti. Se c'erano da costruire le strade, arrivavano i calabresi. Se c'è oggi da lavorare nel turismo come camerieri o pizzaioli, si reclutano nelle scuole alberghiere emiliani e toscani. "In tutta la valle non trovi un maitre d'albergo" lamenta Piero Roullet, proprietario del più bell'albergo della regione, il Bellevue di Cogne.
Il turismo sarebbe la prima risorsa regionale, ma al condizionale. Le presenze sono ferme a tre milioni da anni e la tendenza è al ribasso dopo l'apertura del Traforo del Monte Bianco e le Olimpiadi di Torino, che hanno rilanciato la concorrenza di Chamonix e Sestriere. Il fatto è che i valdostani sopportavano già con fatica il turismo aristocratico dei villeggianti. I nobili di fine Ottocento che si facevano portare dalle guide locali sulle cime dei quattromila metri per ficcare la loro bandierina. Più tardi, nel secondo dopoguerra, c'è stato il turismo delle élites antifasciste, gli ex partigiani che si erano innamorati della valle, i grandi leader socialisti e comunisti.
Togliatti e Nenni, Vittorio Foa e Giancarlo Pajetta, Bobbio e Saragat avevano eletto a luogo di dibattito politico le splendide passeggiate verso il Gran Paradiso, con le discussioni che finivano sul campo di bocce davanti al Bellevue. Ma quando è arrivato il turismo di massa la vaga tolleranza dei valdostani si è rovesciata in aperto fastidio verso le goffe comitive di milanesi e torinesi che non sanno nulla di montagna, spendono milioni in tute griffate e pretendono per giunta di divertirsi e far casino in discoteca.
Le acciaierie di Cogne
All'apertura della stagione, le ricche agenzie turistiche di Aosta brulicano di locali in partenza per le Maldive, le Seychelles, al peggio Sharm El Sheikh. Gian Franco Fisanotti, aostano e presidente dell'Unionturismo nazionale, ammette: "Io stesso ho dovuto comprare casa nel centro di Chamonix perché i ragazzi in valle s'annoiano, la sera non sanno che cosa fare. La cultura dell'ospitalità qui è rimasta sulle locandine dei convegni. I giovani aostani vogliono soltanto entrare alla Regione o all'Union Valdotaine, che fa lo stesso. Perché se sei dell'Union, un posto lo trovi di sicuro".
L'Union Valdotaine è un piccolo capolavoro politico che realizza in un colpo, sia pure su scala minima, i sogni di secessionismo di Bossi (allievo di un autonomista valdostano, Bruno Salvadori) e quelli del grande centro di Casini. "Ni droite ni gauche", né destra né sinistra. Per alcuni è la versione patois di "Franza o Spagna, pur che se magna". Il dibattito ideologico sull'autonomismo è ridotto a chiacchiera, distratto omaggio ai padri nobili, come il grande Emile Chanoux, cui è intitolata la piazza principale di Aosta, geniale giurista e martire dell'antifascismo. Nell'Union oggi non esistono correnti, ma clan. E ogni clan bada agli affari.
Alle ultime elezioni l'UV ha fatto l'en plein sul tavolo, 18 consiglieri regionali su 35, maggioranza assoluta, ma ha cominciato a dividersi subito. E' uscito Robert Louvin, avvocato, ex presidente della Regione, uno dei due soli presidenti della Val d'Aosta che negli ultimi trent'anni non sia stato costretto a dimettersi per le inchieste della magistratura. "Nauseato dall'affarismo degli ex compagni di partito" spiega oggi. L'altro non indagato e fuoriuscito è Carlo Perrin, attuale senatore, che ha inflitto all'Union la più bruciante sconfitta della sua storia recente.
Alle politiche del 2006 Perrin si è presentato con il centrosinistra contro il candidato ufficiale dell'Uv, il potentissimo Augusto Rollandin, detto in città l'"imperatore Augusto", e ha conquistato il seggio al Senato. E chissà quanto avrebbe fruttato un seggio decisivo al Senato all'Union. Nei decenni il senatore valdostano, legittimo rappresentante degli "stranieri in patria", è stato sempre abilissimo a sfruttare a proprio vantaggio i delicati equilibri romani, almeno quanto lo è ora il delegato degli "italiani all'estero", l'ineffabile Pallaro. Già, "Ni droite ni gauche".
E' l'inizio della fine del laboratorio politico valdostano, lo scricchiolio del piccolo impero, la caduta di "Fontina's Repubblic"? Il presidente della Regione, Luciano Caveri, esponente del patriziato politico unionista (è nipote di uno dei grandi fondatori, Severino Caveri) considera la sconfitta alle politiche "una salutare batosta, ma nulla di più".
"Quello che altri definiscono sacca di socialismo reale, io lo chiamo un grande welfare, nel solco delle socialdemocrazie nordiche. Perché la gente dovrebbe smettere di votarci, perché si è stancata di stare bene? Vadano a raccontarlo ai comuni del Canavese, che da anni chiedono l'annessione alla Val d'Aosta". Non parla invece il padre padrone del partito, l'"imperatore Augusto" Rollandin, che si è consolato della sconfitta occupando le due leve principali del potere economico, in proprio la poltrona della Compagnia delle Acque e per delega la FinAosta, con il suo braccio destro, il broker assicurativo Gianni Coda, alla faccia del conflitto d'interessi. Rollandin è del resto un maestro nell'arte di rimanere sempre in piedi. Nel 2001, quando per le condanne fu dichiarato ineleggibile in Regione, scelse di andare in Parlamento, dove un seggio a un pregiudicato non si nega mai.
Ma la "salutare batosta" ha intanto risvegliato la dormiente e rassegnata opposizione regionale. Destra e sinistra, An, Ds e Verdi si sono messi d'accordo per proporre un referendum che abolisca le tre preferenze, retaggio da prima repubblica, e istituisca l'elezione diretta del presidente della Regione, oggi nominato dai clan dell'Union. "Se il referendum passa, il voto regionale del 2008 potrebbe riservare molte sorprese al regime unionista", prevede il responsabile di An, Alberto Zucchi. Sarà decisivo il voto degli immigrati e qualcuno comincia a guardare con preoccupazione al traffico di latitanti calabresi nella zona di Aosta. Nella Veulla, come si dice in patois, su 35 mila abitanti i calabresi sono 7 mila e vengono quasi tutti da un paesino di tremila anime dell'Aspromonte, San Giorgio Morgeto. La festa dei calabresi, in onore dei santi Giorgio e Giacomo, raccoglie ogni estate diecimila presenze, più di quella di Sant'Orso, patrono di Aosta. "Al novanta per cento si tratta di gente onestissima, grandi lavoratori" spiegano i carabinieri di Aosta, quasi tutti stranamente trasferiti di recente da Calabria e Sicilia "ma il restante dieci per cento ha nomi che mettono paura".
Sono i nomi di Iamonte e Facchineri, i boss della piana di Gioia Tauro, sempre più presenti in città. Giuseppe Facchineri si è addirittura trasferito in pianta stabile ad Aymavilles, all'inizio della Val di Cogne.
Sono molti i misteri della piccola Aosta e molti gli uomini di potere locali contenti che la curiosità degli "italiens" si limiti al miserabile turismo televisivo intorno all'ex baita dei Franzoni a Cogne, tomba del piccolo Samuele e set di desolanti talk show. Ma sono ancora di più le bellezze della valle e dei monti, se ti capita di assistere al miracolo della fioritura dei prati davanti al Gran Paradiso, che accade in una sola notte e trasforma le enormi distese di verde del tramonto in immense aiuole alle prime luci dell'alba. Se levi lo sguardo alla nuvola di ghiaccio del Monte Bianco "un pan di zucchero lontano, che sembra galleggiare nell'azzurro del cielo. Né Italia, né Francia, né Savoia, troppo alto, troppo completo in sé per appartenere per appartenere a uno stato, a un municipio" (Giorgio Bocca, Le Mie Montagne). Allora si dimenticano le altre cose e si prega soltanto che il cielo protegga tanto splendore.
(fonte:repubblica.it)
1 commento:
Ciao, il risultato del referendum non è stato esattamente quello auspicato. Io non capisco come si possa chiedere ai cittadini di rimanere a casa e non votare e non capisco come possano i cittadini accettare. Se anche tu vuoi modificare il tuo banner e aggiungere la scritta "Io almeno ho votato!", trovi il codice su http://mariobadino.noblogs.org/post/2007/11/19/io-almeno-ho-votato
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